domenica 29 marzo 2020

Pastiera di Riso

Quest'anno la Pasqua sarà inevitabilmente diversa ma nulla ci vieta di preparare ciò che più amiamo e di gustarlo nel calore delle nostre famiglie. Il simbolo culinario per eccellenza della Pasqua campana è sicuramente la Pastiera ma non tutti sanno che ne esistono due versioni quella di grano, napoletana e quella di riso, salernitana. Quale sia nata prima, non è dato saperlo, le origini sono antichissime per entrambe e si intrecciano con vari racconti e leggende tramandate di padre in figlio. Della pastiera napoletana ho già avuto modo di parlarvi ed è per questo che ora mi soffermerò su quella salernitana. Come vi ho già detto, le origini sono davvero antiche e risalgono all'epoca romana. Gli anziani tramandano una storia che vede protagonisti 4 pescatori cilentani rimasti in balia del mare per due giorni e due notti. Sopravvissuti alla tempesta e rientrati alle loro abitazioni, gli venne chiesto come avessero fatto a nutrirsi nelle ore precedenti, i pescatori risposero di aver mangiato la pasta avanzata alcuni giorni prima, rimpastata con zucchero, uova, ricotta e aromi, Da quel momento la pastiera diventò simbolo di salvezza e rinascita. Successivamente la pasta (probabilmente degli spaghetti) venne sostituita dal riso che fra il 1500 ed il 1800 abbondava nelle terre salernitane, tanto da essere fra i maggiori esportatori per qualità e quantità, coltivazione iniziata dai medici della Scuola Medica Salernitana per le proprietà del riso. Nacque così la "Pizza Re Risi". A differenza della pastiera fatta con il grano che veniva raccolto solo nel periodo antecedente alla Pasqua, quella di riso era possibile trovarla sulle tavole salernitane tutto l'anno e questo era motivo di vanto per i salernitani dell'epoca. Il riso con cui era preparato questo magnifico dolce era l'Originario, io preferisco e vi consiglio di farlo con il Carnaroli che darà alla pastiera una consistenza ancora più gradevole.




Ingredienti per la Frolla
500g di farina 00
150g di burro
150g di zucchero
Un uovo intero
Un tuorlo
5g di lievito per dolci
Un cucchiaino di estratto di vaniglia
La scorza grattugiata di un'arancia
Un pizzico di sale

Per il ripieno
500ml di latte intero
300g di riso carnaroli (al dente)
400g di ricotta di pecora
300g di zucchero
4 uova intere
2 tuorli
Un cucchiaio di sugna o burro
Una fiala di fior d'arancio
2 fiale di aroma arancia
Un cucchiaino di estratto alla vaniglia
30ml di liquore Strega
100g di canditi all'arancia
Zucchero a velo q.b.

Procedimento
Nella ciotola della planetaria montare il burro morbido con lo zucchero, aggiungere gli aromi ed un pizzico di sale. Unire le uova sbattute un po' alla volta e mescolare bene. Aggiungere la farina precedentemente setacciata con il lievito. Lavorare l'impasto, formare una palla ed avvolgerla in una pellicola. Lasciar riposare per un'ora in frigo. Cuocere il riso nel latte con un pizzico di sale per circa 10 minuti lasciandolo al dente, aggiungere un po' di sugna o burro e lasciarlo raffreddare. In una ciotola mettere la ricotta setacciata, lo zucchero e mescolare bene. Unire il liquore, gli aromi, i canditi e le uova sbattute. Versare il tutto nel riso e mescolare bene. Stendere la frolla, rivestire uno stampo di 26cm di diametro e forare la base con una forchetta.Versare il ripieno e livellarlo con una spatola. Con la frolla rimasta ricavare delle strisce e disporle sulla superficie, formando dei rombi. Cuocere in forno preriscaldato a 160° per un'ora circa. Una volta fredda cospargere di zucchero a velo,

giovedì 12 marzo 2020

Angënettë

Ormai lo sapete, adoro i dolci ed ancor di più quelli semplici, legati alla mia infanzia ed è per questo che amo rispolverare ricette perdute o ormai in disuso. Questa è una di quelle. L'Angënettë, sono dei meravigliosi tarallini glassati dal sapore unico, un profumo d'anice che suscita tanti ricordi, una ricetta che porto nel cuore e che come tutte le cose tradizionali, va tramandata affinché non si perda. Caratterizzato dal suo candore bianco neve, questo dolcino, profuma davvero di genuino, di casa, profumi che rimangono per sempre e che sono sopravvissuti al tempo. In passato, l'Angënettë, era un dolcino amato in tutto il Sud Italia, veniva preparato durante le antiche feste pagane di primavera, in onore delle Dee della fertilità e dell'agricoltura ed il nome, probabilmente, deriva dagli Angioini, la dinastia che dominò il Sud nel 1300. Giunto fino a noi, nel recente passato, lo si consumava durante i banchetti nuziali o nel periodo Pasquale. Questi tarallini, da tradizione, vengono lessati ed incisi lungo la loro circonferenza ma c'è anche chi non li lessa e non li incide, lasciandoli a forma di ciambellina. La glassa varia di regione in regione ma spesso capita che non si debbano percorrere molti chilometri per trovare delle varianti. Io ho voluto decorarli così in occasione dell'arrivo della primavera e per dare un tocco di colore ed allegria alla presentazione.







Ingredienti
1kg di farina 00
10 uova
100ml di sugna sciolta con una buccia di limone
(o 100ml di olio d'oliva)
100ml di anice o alcool
Un cucchiaino di ammoniaca per dolci
Un cucchiaino di estratto di vaniglia
Un pizzico di sale

Per il Naspro (Fondente di Zucchero)
1kg di zucchero
300ml di acqua
Succo di limone q.b.

Procedimento
Mettere nella ciotola della planetaria le uova intere con il pizzico di sale, azionare la planetaria con le fruste a velocità media e lavorare per 10 minuti circa o fino ad ottenere un composto gonfio. Aggiungere la sugna sciolta togliendo la buccia di limone continuando a sbattere, unire la vaniglia, l'anice ed il cucchiaino di ammoniaca. Togliere la frusta, mettere il gancio, incorporare la farina setacciata un po' alla volta fino a raggiungere un impasto morbido e non appiccicoso. Far riposare il panetto sotto una ciotola per circa 30 minuti. Riprendere l'impasto e formare dei bastoncini grandi quanto un dito e lunghi circa 15cm. Formare le ciambelline e fissare bene le estremità con un po' d'albume per non farle aprire durante la cottura. In una pentola portare l'acqua ad ebollizione, immergere i tarallini pochi alla volta e scolarli subito appena vengono a galla. Metterli su un canovaccio e farli asciugare bene per un giorno intero. Incidere lungo tutta la circonferenza del tarallino e infornare per 30 minuti circa in forno preriscaldato a 190°. Far raffreddare benissimo. Mettere in una pentola l'acqua e lo zucchero e lasciar bollire fino a quando, prendendone un po' fra l'indice ed il pollice, formerà un filo o più semplicemente quando lo sciroppo arriverà a 121° usando un termometro da cucina. Spegnere il fuoco ed aggiungere il succo di limone. Sbattere lo sciroppo di zucchero con un cucchiaio di legno o una frusta elettrica fino a che il composto diventi bianco. Immergere uno alla volta i tarallini, posizionarli su una gratella per farli solidificare e decorarli a piacere.